Con la sua chitarra e la sua versatile voce, Neri Marcorè compone al Ravenna Festival 2020 una personalissima tracking list di canzoni d'autore. Quelle che ama di più...
Era partito bene nell'estate 2019, il minitour di Neri Marcorè – titolo Le mie canzoni altrui, ultima tappa a Mestre nel dicembre scorso - ma il patatrac del Coronavirus ha imposto un lungo arresto all'avventura del cantante/attore/presentatore/imitatore marchigiano e dei suoi amici di viaggio. Che poi sono ora l'eclettico Domenico Mariorenzi (tastiere, chitarra acustica, bouzouki), Fabrizio Guarino (chitarra elettrica), Simone Tallone (batteria e percussioni), Alessandro Patti (basso e contrabbasso elettrici). Una band affiatata, ben organizzata, pronta a sostenerlo con passione.
Lungo standby, poi la ripartenza
Avventura che riprende sei mesi dopo nell'ambito del Ravenna Festival 2020, in una serata prevista come gli altri eventi all'aperto, alla Rocca Brancaleone. Però prontamente riprogrammata al chiuso del Pala De Andrè per l'arrivo di torrenziali temporali estivi. Concerto già da tempo sold out, anche perché previsto per poco più di trecento persone in rigido regime di distanziamento. Sapendolo prima, forse si poteva aggiungere, nel vasto spazio finale, una qualche decina di spettatori.
Niente teatro musicale, solo una sequenza di canzoni. Talvolta commentate, più spesso no. La play list di Marcorè, cantante con la chitarra acustica quasi sempre in mano, è compilata secondo gusti e simpatie personali. Di qui il titolo del concerto. Un repertorio ondivago e vasto – ha offerto quasi due ore di buona musica - per una selezione elaborata più seguendo assai più il cuore che la mente. Ma interpretata con grande calore e bella sincerità.
Viaggiare, viaggiare...
Un sottile filo rosso lega magari le prime canzoni al tema del viaggio, della strada percorsa: si parte dall'a solo della struggente Anche per te - omaggio all'immortale Battisti, solo chitarra e voce – si va poi in giro con la vorticosa Girardengo di De Gregori, passando per Dalla, Ligabue ed altri, facendo tappa sulla bella cartolina in b/n di Italiani d'Argentina del grande Ivano Fossati.
Poi il filo si perde un po', pur se il musicista di Porto Sant'Elpidio ci porta con balzi gulliveriani nella Cuba dei Buena Vista Social Club (¿Y tú qué has hecho?), in un assaggio di James Taylor, e nella prateria americana del Fiume Sand Creek, nel tragico sterminio di nativi raccontato con parole amare da Fabrizio De André.
De Andrè in prima fila
Il grande cantautore genovese ritorna spesso in scena, si sente che è molto amato da Marcorè: e forse le rivisitazioni di due capolavori quali Crêuzademä e Mègu Megùn risultano probabilmente – insieme al nostalgico Fossati di cui sopra - i momenti migliori della serata. In compenso, l'arruffata versione hillabilly di Monna Lisa, del mai abbastanza compianto Ivan Graziani il punto più basso.
Nel mezzo di Le mie canzoni altrui, scopriamo una divertente rilettura di Call me, classico Anni '80 di Giorgio Moroder, inserito nella colonna sonora di American Gigolò. Tolta l'elettronica, messa da parte la destinazione disco, Marcoré & friends vi iniettano un inusitato, elastico ritmo country western: ne nasce una divertente ballata che sembrerebbe uscita da un album di Willie Nelson. Vorticoso bis finale con Il ballo di San Vito, l'incalzante taranta di Vinicio Capossela.